Archivi categoria: L’angolo della birra di Alessandro Rotondi

Questa sezione è interamente dedicata agli amanti della birra: origine, storia, produzione e ogni curiosità su questa bevanda amata sempre più

Ogni birra pretende il suo bicchiere

Amanti della divina bevanda schiumosa, o semplici bevitori casuali, quando si va in birreria o in ristoranti più avveduti, neanche a dirlo, avrete notato che la vostra birra preferita viene servita in un bicchiere particolare, diverso magari da quello del commensale che ne ha ordinata una differente dalla vostra. Il fatto non è casuale.

Non è che manchino i bicchieri puliti o che si siano distratti. La verità è che ogni birra pretende il suo bicchiere. Andiamoli a vedere, dunque, questi contenitori di vetro che hanno lo scopo di mantenere la temperatura, esaltare le qualità e il sapore, mantenere la schiuma e l’aroma.

Per prima cosa dobbiamo distinguere tra bicchieri da birra e da degustazione. I primi devono contenere oltre al volume della bevanda la sua schiuma e pertanto devono essere adeguatamente capienti. I secondi andrebbero sciacquati solo con abbondante acqua tiepida, al fine di non alterare con i detersivi il gusto.

Iniziamo questo viaggio partendo dal classico boccale, il bicchiere da birra per eccellenza: stiamo parlando del Boccale Bavarese, siedel. Il vetro molto spesso permette di mantenere più a lungo la temperatura mentre la particolare lavorazione esterna evidenzia l’effervescenza. Ottimo per la classica bionda, quindi tipo Lager e Pils, quindi a bassa gradazione.

Siamo dinanzi al bicchiere per birra più famoso al mondo. Possono contenere 20, 30, 50 cl fino a 1 litro. Da non sottovalutare l’importanza del manico, che consente di non scaldare il bicchiere e quindi il contenuto attraverso il contatto con la mano.

Il Boccale Bavarese di oggi è parente diretto del krug (brocca) o stein (pietra) che, per l’appunto, era realizzato in ceramica come la pietra, il cotto, il gres, e la porcellana, o con altri materiali come argento, legno e peltro. Un tempo erano dotati di coperchio, finemente decorati e di manifattura elevata. Il tappo era attivato da una leva che era premuta con il pollice.

Quest’accortezza era fondamentale per salvaguardare la contaminazione da insetti e sporcizia, come anche da possibili e spiacevoli intromissioni di altre persone come starnuti, sputacchi e colpi di tosse. Questi particolari e bellissimi boccali erano segno distintivo delle classi aristocratiche. Oggi fanno bella vista nei musei dedicati, nelle antiche birrerie e sugli scaffali dei negozi di souvenir.

CIBO CRUDO

Questi contenitori hanno accompagnato per molti anni il consumo della birra. Basti considerare che il vetro e la sua diffusione risalgano alla metà del XIX Secolo, grazie alla rivoluzione industriale. I primi boccali erano lisci, seguiti poi da quelli con decorazioni a fossette circolari o ovali, che ancora oggi la fanno da padrone.

Curiosi sono i termini linguistici per descrivere particolari boccali come keferloher, dal villaggio di Keferich nei pressi di Monaco, realizzato in gres ed esternamente semplice; adlerhumpen, con decorata l’aquila bicefala del Sacro Romano Impero; in Franconia era tipico il sidla da 50 cl, mentre della regione del Palatinato era lo schoppen, anche questo da mezzo litro.

Ora passiamo al Weizenglass, forma svasata, alto e stretto. Prende il nome dalla birra Weizen, di frumento e con molta schiuma. Il bicchiere è ideale per questo tipo di birre.

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Se la vostra birra preferita è molto aromatizzata, magari non filtrata, rifermentata in bottiglia, invecchiata, non pastorizzata, dalla gradazione medio alta, il bicchiere ideale è di vetro molto spesso, ideale per mantenere la temperatura. E’ il Boccale Inglese. Privo di decorazioni dal fondo alto.

Il Calice, invece, dalla base larga e abbombata e dalla parte superiore stretta, è di vetro finissimo e liscio, ideale per le birre chiare Lager e Pils, la cui limpidezza viene così esaltata.

Dalla forma semisferica, con base a stelo, e dal vetro fino e trasparente, la Coppa è destinata alle birre da degustazione dal sapore più ricco e aromatizzato.

Variante della Coppa è la Balloon è leggermente più alta e si stringe verso l’apertura. Il top per le birre da degustazione, aromatizzate, e schiumose. Ideale per le mitiche birre di abazia.

Se avete optato per una birra Alt di Dusseldorf  quello che fa per voi è un bicchiere Altglass, di medie dimensioni, dalla forma cilindrica e semplice. Il vetro è piuttosto fino per dare la sensazione della freschezza al tatto. Se invece vi siete orientati su una Kolsh di Colonia, vi serve un Kolshglass, come il precedente solo più piccolo.

Bicchiere cilindrico, stretto alla base e più largo in alto, esalta le birre molto schiumose, usato soprattutto per le birre scure, è la Colonna Conica.

Per le birre spillate alla belga (tecnica che prevede l’inclinazione del bicchiere a 45° per poi raddrizzarlo mentre si riempie, lasciando che la schiuma strabordi, rimuovendo quella che romane in eccesso con una spatola inclinata rispetto al bicchiere.

In questo modo si eliminano le bolle più grandi e si compatta la schiuma), invece, ci vuole la Colonna Biconica. Vetro liscio, spesso, dalla forma sinuosa, più stretta sotto si allarga leggermente nella parte superiore, dalla base spessa e solida. Mantiene la schiuma e la sua compattezza.

 

Concludiamo questo nostro viaggio alla scoperta dei bicchieri da birra e da degustazione più noti, con la Pinta. Un semplice cilindro dalla forma conica o con rigonfiamento dalla metà a salire, non molto spesso.  Si tratta di un vero e proprio classico.

La Pinta contiene precisamente 568 millilitri. Perfetta per le birre inglesi che vogliono poca schiuma e per mantenere la cremosità di quelle irlandesi. La sagoma originaria subisce una prima variazione nel 1948, grazie al grafico Alexander Hardie Williamson, che ha introdotto la tipica bombatura sotto l’apertura, prendendo il nome di nonik, da no nick che significa nessuna sbeccatura. Questo permette di non far toccare i bordi dei bicchieri in caso di urto.

La New Pint, più maneggevole, ha ottenuto un successo clamoroso, tanto che dal 1970 è stato il bicchiere più utilizzato. Alla Pinta inglese si affianca quella statunitense, 473 ml, e a casa nostra la Pinta romana,  di 33 cl.

Ricordiamoci sempre che il bicchiere, per non alterare il sapore e la qualità della nostra birra, andrebbe sempre raffreddato, sotto acqua corrente. Per le birre da consumare velocemente, più beverine, scegliete bicchieri sottili mentre, per le birre da gustare con calma, è bene scegliere bicchieri più spessi, in grado di mantenere temperatura e del caso schiuma.

Alla salute. Buona birra a tutte e tutti.

Articolo di Alessandro Rotondi

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Birra spalmabile alla frutta o marmellata di birra

Gli amanti della birra sanno che questo delizioso nettare si presta a diversi utilizzi, non solo ad essere felicemente tracannato. Penso ai vari utilizzi in cucina e non solo. Ormai la birra, stante i sui ingredienti naturali che la compongono, può essere un valido rimedio fatto in casa per alleviare diversi disturbi o anche valida cura dei capelli.

Di tutto questo parleremo specificatamente ora, vogliamo proporre la birra come ingrediente base per la preparazione di creme alimentari spalmabili. Tra queste annoveriamo la marmellata di birra.

Se conoscete ricetta e tecnica per la preparare la marmellata di frutta, non avrete certo difficoltà con questa. Se non l’avete mai fatta, niente paura, non è difficile. Quella che qui proponiamo è una ricetta che prevede l’utilizzo di prodotti totalmente naturali, con un occhio magari al riciclo degli scarti della frutta.

Siete pronti? Ecco a voi la ricetta, non solo per preparare la marmellata ma anche l’addensante a base di frutta, la pectina. Ecco quel che serve e come si fa:

Ingredienti

  • ml 600 di birra chiara meglio se artigianale, l’ideale è una Pilsner fresca, leggermente fruttata, moderatamente amara
  • gr 300 di zucchero
  • gr 18 di pectina di frutta fatta in casa (addensante naturale)

Procedimento

Mettere la birra a bollire in una pentola dai bordi alti aggiungendo la pectina. Non appena inizierà l’ebollizione, mescolare il contenuto per evitare che la schiuma esca dalla pentola. Aggiungere lentamente lo zucchero, continuando a mescolare fino a che il composto non inizierà ad addensarsi.

Dopo averla fatta raffreddare completamente, la crema può essere conservata in piccoli vasetti da mettere in frigo e usata in accompagnamento a alimenti crudi o cotti, dessert o magari per fare colazione e merenda, e perché no, come aperitivo, spalmata su fette di pane leggermente tostato.

Ricetta per preparare la pectina di frutta fatta in casa

 Ingredienti

  • gr 500 di scorze di agrumi bio
  • gr 500 di torsoli e bucce di mele e/o pere bio
  • ml 700 di acqua
  • succo di un limone bio

Preparazione

Lavare e sbucciare la frutta. Conservare bucce e scarti coperti da acqua fredda e succo di limone per non farli annerire mantenere la croccantezza e la freschezza.

Frullare, aggiungere l’acqua e cuocere a bagnomaria  per circa 2 ore, mescolando di tanto in tanto. Filtrare con un colino a trama fine.

Il risultato finale dovrebbe essere un composto colloso, proprio come una marmellata.

Articolo di Alessandro Rotondi

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Tropical Beer

Arriva il caldo e la sete inizia a farsi sentire e con essa, puntuale, torna il desiderio di togliere la polvere dalla gola e rinfrescarsi con una bella e buona birra fresca, meglio se dal gusto particolare e ancor meglio se estremamente e dannatamente beverina, di quella che scende da sola a confortare mente e corpo.

Ricominciamo a parlare di birra, andando a conoscere le nuove tendenze, le birrerie nell’orto e gli abbinamenti con i cibi della stazione calda. Iniziamo con la tendenza di questa estate, che pare sia rivolta a birre artigianali aromatizzate alla frutta esotica.

Il tutto nasce due anni fa quando il birrificio svedese Brewski ha iniziato a proporre Passion Feber IPA, Anans Feber IPA e Pango IPA, sintetizzando un ottimo equilibrio tra il dolce del frutto della passione, ananas e mango e l’amaro del luppolo, che in queste birre arriva dopo, caratteristico delle IPA.

Anche in Italia questa proposta è stata ben apprezzata, tanto che i birrifici artigianali nostrani si sono cimentati nella ideazione e creazione di Tropical IPA.

Quest’anno possiamo assaggiare birre ai frutti brasiliani quali Cajù (40%) e Cajà (60%), ovvero la Brain Damage (6,5gradi), note dolce amaro, proposta dal Birrificio Pontino, insieme un’altra con Goiaba, più fresca e amara. Molto particolare è la Mango Split (8gradi), che nasce dalla collaborazione di due birrifici laziali, Ritual Lab e Eastside.

A una Double IPA è stato aggiunto polpa di mango, dove il lattosio la rende torbida e opalescente, setosa al gusto e addirittura quasi cremosa. Altra Double IPA, aromatizzata stavolta al mango, frutto della passione, pompelmo e lime, con il risultato di un sapore fresco e acido e dal sentore agrumato, la Passion Beer  (7%), Session IPA Ananas e Mango (4,7gradi), del birrificio romano Jungle Juice che nel nuovo impianto sulla Tuscolana produrrà la linea Fruit Jay.

La birra in questione ha una base con luppolo Galaxy, Simcoe e Equinox. Altra al mango, molto mango, è la New Mango Experience, che alza 7 gradi, di Extraomnes, dal colore arancio carico, dal finale piuttosto amaro.

Kashmir, dalla provincia di Isernia, propone una Double Ipa Passion Fruit, a base di luppoli Cascade, Amarillo, Simcoe e Mosaic, quindi amara e aromatica, cui ha aggiunto molto frutto della passione.

Nonostante i suoi 8 gradi è decisamente una birra fresca e beverina, per cui un sorso tira l’altro.

Finiamo questa carrellata di Tropical Beer con una leggera, solo 4,7 gradi, beverina e dal finale leggermente amaro, la Mango Li Cani, una Pale Ale al mango.

E ricordate sempre, qualunque sia la vostra birra, i vostri luppoli preferiti, più o meno alcolica e aromatizzata…in Beer We Trust!

Articolo di Alessandro Rotondi

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BeerAttraction e Birra dell’Anno 2017

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Eccoci nuovamente a parlare di Birra.

L’occasione stavolta ci viene fornita dall’evento si è svolto alla Fiera di Rimini ovvero, la fiera internazionale dedicata alle specialità birrarie, alle birre artigianali, alle materie prime e alle tecnologie.

Parliamo del BeerAttraction 2017, giunto alla terza edizione, che si arricchisce del settore food, inteso come abbinamento birra e cibo per la ristorazione fuori casa.

Qui s’incontrano produttori di birra, di materie prime, d’impianti e acquirenti, non solo italiani. L’iniziativa che è organizzata da Rimini Fiera in collaborazione con Unionbirrai, ha aperto i battenti sabato 18 febbraio e si è chiusa martedì 21.


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Si tratta di una fiera professionale, aperta anche ad appassionati e degustatori solo sabato. BeerAttraction ha ospitato per la terza volta la cerimonia di premiazione del concorso Birra dell’Anno 2017, dedicato alla birra artigianale, organizzato da Unionbirrai.

Il concorso, giunto alla dodicesima edizione, premia le tre migliori birre per tipologia di stile, e il birrificio migliore dell’anno.

Sono stati 72 i giudici, di cui la metà estera, a decretare i vincitori.

Birrificio dell’Anno è stato decretato Baladin, che si è aggiudicato il primo posto in più di una delle 29 categorie, corrispondenti a 87 medaglie assegnate.

Le birre iscritte sono state 1.300, suddivise in quattro graduatorie specifiche, ripartite per stili: tedesco, belga, anglo-americano e birre speciali.

A queste vanno aggiunte le menzioni di onore così attribuite: 10 punti per ogni oro, 6 punti per l’argento, 3 per il bronzoLocalizzatore satellitare per monitorare i spostamenti in tempo reale e 1 per la menzione.

Andiamo a vedere com’è andata quest’anno:

Cat. 1 – Chiare, bassa fermentazione, basso grado alcolico, di ispirazione tedesca e ceca
1 – Birra Mastino – Milledue91
2 – Birrificio Artigianale Leder – Bugatina
3 – Birra Eretica – Luppolina

Cat. 2 – Chiare, alta fermentazione, basso grado alcolico di ispirazione angloamericana
1 – ECB – Eternal City Brewing – DEA
2 – Birrifcio Mazapegul – Millemosche
3 – Birrifcio Mazapegul – Curva Mare

Cat. 3 – Chiare e ambrate, fermentazione ibrida, basso grado alcolico
1 – Birrificio 61cento – ELK
2 – StaBräu – Epsilon
3 – Birrificio Benaco 70 – Kölsch

Cat. 4 – Ambrate e scure, bassa fermentazione, basso grado alcolico, d’ispirazione tedesca
1 – Birrificio Val Rendena – Brenta Bräu Special Winter Zeit
2 – Birrificio 4Mori-  Pozzo 9
3 – Birra Elvo – Schwarz

Cat. 5 – Bassa fermentazione, alto grado alcolico, di ispirazione tedesca
1 – Statalenove – J and B
2 – Birra Elvo – Doppel Bock
3 – La Birra di Meni – Siriviela

Cat. 6 – Alta fermentazione, basso grado alcolico, di ispirazione anglosassone
1 Rocca Dei Conti Bronzo
2 Birrificio BioNoc’ Nociva
3 Birrificio dei Castelli Palmares

Cat. 7 – Chiare e ambrate, alta fermentazione, basso/medio grado alcolico, luppolate, di ispirazione anglosassone (IPA)
1 P3 Brewing Company 50 Nodi
2 B Four Beer Devil
3 Birrificio Valcavallina Albarossa

Cat. 8 – Chiare e ambrate, alta fermentazione, basso grado alcolico, luppolate, di ispirazione americana (American Pale Ale)
1 CR/AK Brewery Hop Series – HS14
2 Foglie d’Erba Hopfelia
3 77 Biscuits Brewing Co. Valstagna

Cat. 9 – Chiare e ambrate, alta fermentazione, medio grado alcolico, luppolate, di ispirazione americana (American IPA)
1 Birrificio Porta Bruciata Orifiamma
2 Hammer Wave Runner
3 CR/AK Brewery Hop Series – HS15

Cat. 10 – Chiare e ambrate, alta fermentazione, alto grado alcolico, luppolate, di ispirazione angloamericana
1 Foglie d’Erba Freewheelin’
2 Birrificio dei Castelli Damnatio Memoriae
3 Birra Bellazzi Alley hop

Cat. 11 – Specialty IPA
1 Birrificio Calibro22 Buco Nero
2 Birrificio Vecchia Orsa Rye Charles
3 Birra Ebers Hopsfall

Cat. 12 – Strong Ale di ispirazione angloamericana
1 Birrificio Mezzopasso Millican Extra
2 Birrificio 26 Nero Guadagnata
3 Batzen Colonial

Cat. 13 – Scure, alta fermentazione, basso grado alcolico, d’ispirazione angloamericana
1 Birrificio 61cento Koi
2 Mukkeller Corva Nera
3 San Girolamo Sassaia

Cat. 14 – Scure, alta e bassa fermentazione, alto grado alcolico di ispirazione angloamericana
1 No Tomorrow Craft Beer hop’n’hel
2 Birrificio 24 Baroni Nera
3 P3 Brewing Company Turkanara

Cat. 15 – Alta fermentazione, alto grado alcolico di ispirazione angloamericana (Barley Wine)
1 Birrificio Baladin Lune
2 Piccolo Birrificio Clandestino Fortezza Nuova
3 Birrificio Baladin XYAUYU’

CIBO CRUDO

Cat. 16 – Birre con frumento maltato, di ispirazione tedesca
1 Birrificio Italiano B.I.-Weizen
2 BiRen Extra-Charlotte
3 BiRen Charlotte

Cat. 17 – Blanche / Witbier
1 Birrificio Manerba Fiordalisa
2 La Petrognola Bianca
3 ANBRA – Anonima Brasseria Aquilana LaBlanche

Cat. 18 – Chiare, alta fermentazione, basso grado alcolico, di ispirazione belga
1 ex-aequo Birrificio Baladin Nazionale
1 ex-aequo ‘A Magara Trupija
3 ECB – Eternal City Brewing Arvalia

Cat. 19 – Saison
1 Railroad Brewing Company Stai Sereño
2 Birra Bellazzi Jana
3 Il Birrificio dell’Aspide Belle Saison

Cat. 20 – Chiare, alta fermentazione, alto grado alcolico, di ispirazione belga
1 Il Birrificio dell’Aspide Nirvana
2 Birrificio Manerba La Rocca
3 Birrificio del Forte La Mancina

Cat. 21 – Scure, alta fermentazione, alto grado alcolico, di ispirazione belga
1 Birrificio Birranova Primatia
2 The Brave Dottor Balanzone
3 Rubiu Moresca

Cat. 22– Spezie, caffè e cereali, alta e bassa fermentazione 
1 RentOn Yellow Summer Ale
2 Birrificio la Diana Piccarda
3 Birra Losa D’Dog Imperial Stout

Cat. 23 – Affumicate, alta e bassa fermentazione
1 Lucky Brews Winternest
2 Birrificio Abusivo 70%
3 Birra Vezzetti – club 23 Bronzo Bruno

Cat. 24 – Affinate in legno, alta e bassa fermentazione
1 ex-aequo Birrificio Baladin Xyauyu’ Barrel
1 ex aequo Birrificio Gjulia Barley Wine
3 Batzen Old Hand

Cat. 25 – Birre alla frutta, alta e bassa fermentazione
1 Birrificio Italiano Scires BRQ 13-14
2 Birrificio Lariano Cactus Pear
3 Birrificio Birranova Magic key

Cat. 26 – Birre alla castagna, alta e bassa fermentazione
1 Birrificio Aleghe La Brusatà
2 La Gastaldia Combaiota
3 Oldo Castaepura

Cat. 27 – Birre Acide
1 Birrificio BioNoc’ Impombera 2016
2 Birrificio Irpino Gose Bone
3 Fabbrica della Birra Perugia Isterica

Cat. 28 – Birre al Miele
1 La Tresca Sybarys
2 Birrificio Oltrepò Castana
3 La Birra di Meni Nardons

Cat. 29 – Italian Grape Ale
1 La Fenice Brut Ira
2 Birrificio Un Terzo Sciatò Margot
3 BiRen Sabine

(fonte Cronache di Birra)

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Diverse di queste birre le potremo assaggiare durante  la Settimana della Birra Artigianale, in programma dal 6 al 12 marzo in tutta Italia, di cui vi daremo info utili nei prossimi giorni.

Articolo di Alessandro Rotondi

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La Birra di Natale: una tradizione consolidata

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Si avvicina il Natale che per gli amanti della bevanda degli dei, la Birra, è sinonimo di regalo sotto l’albero. L’attesa sale per la … Birra di Natale. Si tratta di una tradizione almeno bicentenaria di provenienza belga e diffusasi poi nel Nord Europa, oggi non più esclusiva delle birrerie monacensi.

Ma andiamo per ordine. La Birra di Natale, qualunque sia la sua provenienza, è un tipo speciale.

Originariamente in Belgio era destinata al consumo esclusivamente familiare, divenuto poi un regalo per i dipendenti del birrificio e un dono di fine anno per i clienti più affezionati.

Birra Helles Riedenburger
Birra chiara biologica non filtrata

€ 2.69

Natale, inverno, basse temperature e consumo di alimenti ricchi di proteine, calorie (Nord Europa) in grande quantità durante le feste natalizie. Queste birre quindi non possono che essere ad alta fermentazione, quindi di alta gradazione, “almeno” 7/10 gradi.

Altra caratteristica è la non pastorizzazione  e la spiccata aromatizzazione, dovuta all’utilizzo di malti particolari e all’aggiunta di cannella, ginepro, coriandolo, che conferiscono sentori caramellati, comunque dolci.

Birra Mandarina B con Avena
Birra artigianale biologica di alta fermentazione

€ 3.99

Si abbinano molto bene, pertanto, con piatti agrodolci tipici del Nord Europa, con i dolci e formaggi assai aromatici dal sapore forte e piccante.

Son considerate birre d’annata, essendo stagionali e di limitata produzione, ogni anno diverse a se stesse. Storicamente prodotte da birrifici artigianali e “trappisti”, le Birre di Natale vengono prodotte oggi anche a livello industriale con buoni risultati.

Birra Farzotta - con Farro Dicocco
Birra artigianale biologica di alta fermentazione
€ 4.10

Se è vero che ogni tipo di Birra ha il suo bicchiere, basso, a calice, bombato, lungo e stretto, a boccale, quella di Natale non fa eccezione, anzi, in questo caso ognuna ha il suo bicchiere specifico. Si presentano di colore rosso scuro fino al nero con schiuma persistente.

Detto ciò, passiamo alla pratica. La Birra è un’idea regalo da non disprezzare. Pensate quanto possiamo far felice un birrofilo se al posto del solito pacchetto gli facciamo trovare sotto l’albero una o più bottiglie.

Magari, perché no, una vera e propria confezione natalizia. Ce ne sono per tutti i gusti, da quelle più note a quelle artigianali, basta avere volontà di cercare.

Basta ricordare che la Birra da regalare sia effettivamente di Natale, trappista o legata alla stagione come ad esempio di mele o castagne. Fare attenzione anche alla confezione, meglio se può essere riutilizzata una volta consumata la Birra, e magari aggiungere un elemento come bicchieri abbinati.

Se siete dalle parti di Roma tra il 16 e il 18 dicembre potrebbe tornare utile fare una salto a Trastevere, dove in quel week end si svolgerà la decima edizione di Birre sotto l’albero – birre di natale e rarità da tutto il mondo.

Troveremo birre natalizie, specialità e vintage, laboratori di degustazione e domenica mattina English breakfast. Apertura affidata al Be.Re. in zona Prati, per poi trasferirsi nei due giorni successivi in via Benedetta a Trastevere, al Ma Che Siete Venuti a Fa e Bir & Fud. Natale, inverno, freddo, che ne dite di una bella birra brulé? Non sto scherzando. Birra che va bevuta calda, almeno a 50 gradi, aromatizzata come l’omonimo vino, con cannella, chiodi di garofano e zucchero.

La versione senza chiodi risulta di sicuro più gradevole, meno aspra e bevibile.

Una birra lambic, a fermentazione spontanea ad opera di lieviti selvatici tipici della regione belga a Sud Ovest di Bruxelles,  Pajottenland,  è l’ideale per questo tipo di preparazione, una birra bionda ad alta gradazione, poco luppolata (poco amara) si presta comunque bene. Ottima da gustare la sera, in momenti di relax, da soli o in compagnia, accompagnata da dolci e biscotti tipici natalizi e perché no, per curare i malanni di stagione.

Rimanendo in tema, facciamo un salto nel tempo a ritroso fino al Medioevo.

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La Braggot è originaria dell’Inghilterra, le cui tracce ritroviamo in diverse fonti fino al XVII Secolo, anche se nessuna riporta una ricetta precisa. Le spezie che sicuramente erano mescolate alla birra sono miele e pepe. In età moderna è stata aggiunta la cannella e, soprattutto oltre Manica l’idromele (prodotto della fermentazione del miele, più antico delle birra).

Se avete fantasia e vi piace creare cocktail, magari una bevanda calda per le sere invernali, perché non provate con la birra? Fateci sapere che ne esce e perché no, mandateci la ricetta. Se volete la pubblichiamo.

Dunque, sembra proprio che siamo arrivati a Natale e alla tavola dove al posto del vino proponiamo di portare la birra.

Ma come abbinarla?

Per l’aperitivo e gli antipasti freddi vanno bene birre leggere e poco amare.

Con gli antipasti caldi si abbinano bene le ale e le lager tipo bock e le pilsner.

Con i primi di verdure ci vogliono birre alcoliche ad alta fermentazione e piuttosto amare, come le India Pale Ale.

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Con i primi più strutturati ci vogliono birre dal sapore deciso, speziato e fruttato come quello delle birre belghe e le birre rosse.

Con i formaggi si sposano birre scure tipo scozzesi o tedesche.

Con il fritto vegetale che a Natale è tradizione su molte tavole, ci stanno birre amarognole, che contrastano.

La Weiss tedesca o la Blanche belga, invece, va a braccetto con le verdure stufate e al forno. Con il dolce si beve Lambic.

Queste indicazioni tengono conto dei sapori e dei contrasti, l’unica regola  che conta è seguire il proprio gusto, la propria inclinazione nella scelta dell’abbinamento. E voi, che Birra di Natale siete?

 

Articolo di Alessandro Rotondi

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La Birra: com’è fatta e quali sono i suoi fattori nutrizionali

 

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Della bevanda degli dei abbiamo già avuto modo di parlare in più occasioni, tracciandone la storia, il percorso che l’ha portata in Occidente, fino ai giorni nostri. Per non parlare delle feste e dei festival a essa dedicati, che, senza pretesa esaustiva essendo molti, cerchiamo di segnalare.

Abbiamo detto che la Birra nasce dalla fermentazione di cereali con acqua. Ai nostri tempi gli ingredienti usuali per la sua produzione sono principalmente acqua, malto d’orzo, luppolo, lievito, anche se questa può essere ottenuta mediante fermentazione di qualsiasi cereale, e non poche sono le aggiunte di frutti, spezie, miele, e chi più ne ha più ne metta. Vediamo da vicino quelli di base.

Il 90% della Birra è costituito dall’acqua, più o meno ricca di calcare e minerali a seconda del tipo di bevanda che vogliamo ottenere. La pilsner la vuole leggera con scarso residuo fisso, diversamente da ipa e stout per le quali è necessaria acqua ricca di minerali quindi più dura, anche se con meno solfiti per la seconda.

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I chicchi di orzo vengono fatti germinare per attivare un enzima. Quest’operazione permette di rendere utilizzabili gli zuccheri contenuti nell’orzo. Si ottiene così il “malto acerbo”, che viene cotto. A basse temperature si ottiene una minima tostatura: i “malti chiari”. Alzando la temperatura i malti sono proporzionalmente più scuri, fino ad ottenere i “malti neri”, con la quasi bruciatura. Ed e ecco fatto il Malto d’orzo.

Passiamo ora a conoscere un ingrediente della Birra, che è apparso recentemente nello spot televisivo di una nota marca italiana, il Luppolo. Serve a compensare la dolcezza del malto e ha funzione di conservante. Si utilizzano i fiori non fecondati.

Ne esistono diverse varietà, da quelle più amare a quelle più aromatiche. Contiene tannini e oli essenziali.

Oltre al luppolo è possibile  aromatizzare la Birra  con aggiunta di erbe, spezie e frutta. Gli inglesi che vivano quali coloni in India non producevano la birra e questa veniva trasportata in nave dalle madre patria. La durata del viaggio, la salsedine e le alte temperature delle stive deterioravano il prodotto. I mastri birrai aumentarono la quantità di luppolo per rendere la birra più resistente.

Nasce così l’IPA o India Pale Ale, termine utilizzato per la prima volta nel 1835 sul Liverpool Mercury, un giornale che si occupava di economia.

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La maggior parte delle birre viene prodotta utilizzando una delle due specie di Saccharomyces (foto in alto), comunemente chiamati lieviti.

Sono funghi che si nutrono di zuccheri, dando in cambio alcool e anidride carbonica. Esistono principalmente due famiglie di lieviti che definiscono i due più grandi gruppi di birre: lieviti ad alta fermentazione come il Saccharomyces cerevisiae, che agisce a temperature comprese tra 12° e 24° ed è utilizzato soprattutto per produrre birre ale, e lieviti a bassa fermentazione, come il Saccharomyces carlsbergensis, che agisce a temperature comprese tra 7° e 13° ed è usato per la produzione di birre Lager.

Le prime sono per eccellenza inglesi e vengono prodotte con il metodo più antico. Le seconde sono le classiche bionde, la cui origine è la Germania e oggi prodotte ovunque. Hanno uno spiccato retrogusto di malto e luppolo.

Parlando di lievi e quindi della classificazione delle birre, non possiamo dimenticare quella che viene chiamata Lambic, prodotta esclusivamente nel sud del Belgio. Il mosto viene esposto a lieviti indigeni selvatici, attivando una “fermentazione spontanea” che la rendono unica.

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Come si fa la Birra?

Il malto viene immerso in acqua calda per 3-4 giorni dove, grazie ad alcuni enzimi, gli amidi presenti vengono trasformati in zuccheri.

La seconda fase consiste nell’avvio della fermentazione, dove entrano in gioco i lieviti, per ottenere, come abbiamo detto, alcool e anidride carbonica. Ci vuole circa una settimana.

La terza fase è quella dell’ammostatura. Si macina il malto per ottenere una sorta di farina e lo si miscela con acqua a 65-68° per trasformarlo in mosto, in cui la parte liquida si separa da quella solida tramite filtrazione all’interno di un tino.

Il mosto viene cotto all’interno di apposite caldaie, tradizionalmente in rame. Il tempo di cottura è fondamentale per la scelta del tipo di birra che si vuole produrre e per la sua qualità, poiché nel corso di questo processo avviene la gran parte delle reazioni biochimiche.

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Durante la bollitura si ottiene anche la sterilizzazione del mosto. In questa fase si aggiunge il luppolo. Il mosto, quindi, viene lasciato a raffreddare fino ai 4° ai 6° per la bassa fermentazione e dai 15° ai 20° per quella alta, come abbiamo visto parlando dei lieviti. Viene insufflato ossigeno in quanto il processo si può svolgere solo in condizioni di aerobiosi.

La fermentazione si divide in due fasi: la prima, detta fermentazione principale, nella quale il lievito trasforma in alcool gli zuccheri e gli aminoacidi presenti nel mosto.

La seconda fase, o fermentazione secondaria è la cosiddetta maturazione. La birra viene lasciata in grandi vasche di maturazione a una temperatura compresa fra 0° e 2° per 4/5 settimane, durante le quali si di satura di anidride carbonica, si depositano i residui del lievito e gli ingredienti si amalgamano. Poi la bevanda viene scaldata a una temperatura di 60° per distruggere alcuni microrganismi e conservare meglio il prodotto, è la pastorizzazione.

Non tutte le birre seguono questo procedimento, come la gran parte di quelle artigianali, per esempio. La birra quindi viene filtrata per eliminare i residui di opacità e finalmente imbottigliata o messa nei fusti per essere spillata.

Alcune birre vengono anche rifermentate in bottiglia e viene aggiunto del lievito per stimolare una terza fermentazione per innalzare il tasso alcolico.
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Proprietà

La birra possiede importanti proprietà nutritive, e già i primissimi produttori ne erano a conoscenza. Rispetto alle altre bevande alcoliche è povera di etanolo che assunto ad alti livelli è tossico per il nostro organismo e agisce come una droga, è quindi poco calorica.

Contiene  vitamine come la B6, sali minerali, quali potassio, magnesio (Mg) e polifenoli di cui, antiossidanti (SO42-) e contrastano le malattie cardiovascolari.

La birra cruda è quella più amica dell’organismo infatti, non essendo pastorizzata è una birra resa viva dai saccaromiceti, microrganismi fermentanti. Contiene anche fibre solubili che facilitano le funzioni intestinali ed è povera di sodio (Na). Il luppolo previene l’ossidazione cellulare e il rilascio di calcio dalle ossa, è sedativo, digestivo, batteriostatico, lassativo e depurativo. Attenzione, si tratta sempre di una bevanda alcolica e non è bene farne abuso. Due tre bicchieri al giorno da 0,25 sono anzi consigliati.

Composizione acqua utilizzata in Europa e alcuni monasteri trappisti

Pils Monaco Stout Pale Ale Chimay Orval West
Flanders
Dortmund
Ca2+ 7 75 115 295 70 96 114 250
Mg2+ 2 20 4 45 7 4 10 25
Na+ 2 10 4 55 7 5 125 70
SO42- 5 10 55 725 21 25 145 280
HCO3- 15 200 200 300 216 287 370 550
Cl- 5 2 19 25 21 13 139 100

La Birra, oltre a essere buona è anche nutriente e fa bene. Finiamo con una curiosità: la schiuma è indice di freschezza e aiuta nella digeribilità, preservandola dall’ossidazione e ne mantiene profumi e aromi.Sempre senza esagerare, ovviamente.

Quindi, alla salute e Buona Birra a tutti.

Articolo di Alessandro Rotondi

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La Birra arriva in Occidente

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L’Egitto è la porta principale attraverso cui la Birra entra nel mondo occidentale.

Nel 1887 nel libro The beer of the Bible, James Death, già produttore di birra al Cairo, ipotizza che la “manna dal cielo” inviata da Dio agli Ebrei non sia altro che una birra a base di pane, simile al porridge, chiamata wusa.

La produzione della Birra diviene fondamentale per tutte le civiltà classiche dell’antico occidente. Il filosofo greco Platone sostenne che “deve essere stato un uomo saggio ad inventare la Birra”. Come dargli torto?

Come abbiamo già avuto modo di vedere i Romani chiamavano la Birra “cerevisia”, termine con il quale indicavano l’ingrediente principale della bevanda ovvero i cereali; infatti l’etimologia della parola deriva da Cerere, dea dell’agricoltura e vis ovvero forza. Roma apprende della Birra dai Greci.

Nella cultura dell’antica Roma, questa bevanda ebbe grande importanza soprattutto nel periodo iniziale della storia della città. Successivamente, infatti, il vino divenne la bevanda preferita, tanto che nel periodo repubblicano la Birra fu considerata degna solo delle popolazioni barbare.

int (1)Publio Cornelio Tacito, storico vissuto tra il I e il II secolo d.c. usava toni dispregiativi per definire la bevanda prodotta dai popoli germanici. Un altro storico, questa volta greco, Ellanico di Lespo, ci riporta che anche il popolo dei Traci, che occupavano una regione della Grecia che si estendeva dalla Turchia alla Bulgaria, sin dal V secolo a.c. consumava brutos o bryos a base di segale.

Consumata regolarmente, quotidianamente, da tutte le classi sociali, in particolare nel nord e nell’est Europa, la Birra conosce una notevole diffusione nel vecchio continente, anche perché in tali zone la coltivazione della vite presentava notevoli difficoltà.

Al contrario, nel sud la Birra veniva consumata in particolare dalle classi meno agiate. Era da considerarsi un vero e proprio alimento, stante all’apporto calorico.

Durante il basso medioevo, era in cui la birra veniva servita ad ogni pasto, in Inghilterra e nei Paesi Bassi il consumo pro-capite era di 275-300 litri (60-66 galloni) all’anno.

La Birra non godeva di approvazione negli ambienti scientifici e medici. Greci e Arabi non se ne erano occupati molto e, pertanto, considerando che all’epoca la tradizione contava molto in medicina, questa era ritenuta una bevanda non molto salutare.

Aldobrandino da Siena, medico e scrittore, così scriveva in merito: «Comunque con qualsiasi cosa venga prodotta, sia con l’avena, sia con l’orzo o con il frumento, (la birra) fa male alla testa e allo stomaco, causa una cattiva respirazione e rovina i denti, riempie lo stomaco con fumi dannosi, e chiunque la beva insieme al vino diventa ubriaco rapidamente; ma ha la proprietà di facilitare la minzione e rende la pelle bianca e liscia.» ed era il 1256.

Per quanto riguarda gli elementi di base per la produzione, l’impiego del luppolo è stato descritto nell’822 da un abate carolingio e  la badessa Ildegarda di Bingen scriveva nel 1067: «Se qualcuno intende fare della birra con l’avena, viene preparata con il luppolo».

Abbiamo testimonianze che ci inducono a dire che già dal IX secolo l’utilizzo del luppolo era noto quale ingrediente aromatizzante. Col tempo si è trovata la giusta proporzione di dosaggio degli ingredienti.

Inizialmente veniva utilizzata una miscela di spezie, la gruit e questa tipologia di birra andava consumata fresca, non poteva essere conservata e quindi esportata.

E’, infatti, il luppolo il conservante naturale della Birra, ma tale tipologia di produzione viene perfezionata solo dal XIII secolo in Germania ed inizia, così, ad essere esportata sul larga scala, impiegando delle botti di dimensioni uniformate.

Nella stessa epoca cambia anche la gestione della produzione; da due si passa a otto-dieci persone.

Tale sistema si diffonde in Olanda nel XIV secolo e, in seguito, arriva anche nel Ducato di Brabante e nella Contea delle Fiandre, per giungere, alla fine del XV secolo, in Inghilterra, dove un secolo prima l’uso del luppolo era stato imposto per legge.

I contadini, però, sostenevano che il luppolo rovinasse il sapore della birra, per cui ci furono delle rivolte represse con fermezza.

La fabbrica di birra più antica ancora in attività si trova in Baviera ed è gestita da una abbazia di monaci benedettini: si tratta del birrificio Weihenstephaner.

A partire dal XIV e XV secolo la produzione di birra diviene gradualmente una attività artigianale. Pub e monasteri iniziano a produrla in proprio per un consumo di massa.

Guglielmo IV, Duca di Baviera, approva nel 1516 quella che potrebbe essere il più antico regolamento rimasto in vigore fino al XX secolo, la Reinheitsgebot, “requisito di purezza”. La norma prescriveva che gli ingredienti della birra dovessero essere acqua, orzo e luppolo. A questi verrà, in seguito, aggiunto il lievito dopo la sua scoperta, avvenuta nel 1857 grazie a Louis Pasteur.

Dopo l’unificazione dell’Impero tedesco ad opera di Otto von Bismarck nel 1871, la legge viene estesa a tutta la Germania e aggiornata alle tendenze moderne nella produzione.

La prima birreria asiatica viene registrata nel 1855, l’attuale Mohan Meakin Brewery. In origine si chiamava Dyer Breweries, fondata in India sulle Montagne Himalayane.

La maggior parte delle birre erano quelle oggi chiamate ale, birra ad alta fermentazione, mentre quelle a bassa fermentazione, ovvero le lager, oggi le più prodotte, appaiono a partire dal XVI secolo. queste non sono altro che il risultato casuale della conservazione in grotte fresche per periodi di tempo lunghi.

Per ora il nostro viaggio può dirsi concluso. La prossima volta affronteremo la questione sotto l’aspetto produttivo, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Prima di salutarci un po’ di folklore e curiosità, che non fa mai male. Sediamoci davanti ad un bel boccale della nostra Birra preferita e fantastichiamo sull’origine della nostra bevanda preferita…

Il poema epico finlandese Kalevala, basato su tradizioni orali di molti secoli addietro e raccolto in forma scritta nel XIX secolo, dedica maggior spazio all’origine e alla produzione di birra che all’origine dell’umanità. Secondo la canzone da pub britannica “Beer, Beer, Beer” dobbiamo al fantomatico Charlie Mopps l’invenzione

Beer Beer Beer

Traditional

A long time ago, way back in history,
when all there was to drink was nothin but cups of tea.
Along came a man by the name of Charlie Mops,
and he invented a wonderful drink and he made it out of hops.

He must have been an admiral a sultan or a king,
and to his praises we shall always sing.
Look what he has done for us he’s filled us up with cheer!
Lord bless Charlie Mops, the man who invented beer beer beer
tiddly beer beer beer.

The Curtis bar, the James’ Pub, the Hole in the Wall as well
one thing you can be sure of, its Charlie’s beer they sell
so all ye lads a lasses at eleven O’clock ye stop
for five short seconds, remember Charlie Mops 1 2 3 4 5

He must have been an admiral a sultan or a king,
and to his praises we shall always sing.
Look what he has done for us he’s filled us up with cheer!
Lord bless Charlie Mops, the man who invented beer beer beer
tiddly beer beer beer.

A barrel of malt, a bushel of hops, you stir it around with a stick,
the kind of lubrication to make your engine tick.
40 pints of wallop a day will keep away the quacks.
Its only eight pence hapenny and one and six in tax, 1 2 3 4 5

He must have been an admiral a sultan or a king,
and to his praises we shall always sing.
Look what he has done for us he’s filled us up with cheer!
Lord bless Charlie Mops, the man who invented beer beer beer
tiddly beer beer beer.

The Lord bless Charlie Mops!

These lyrics may or may not be copyrighted!

« Molto tempo fa, indietro nella storia

Quando tutto quello che c’era da bere erano solo tazze di tè,

Arrivò un uomo chiamato Charlie Mopps

Ed egli inventò la meravigliosa bevanda, e la fece con il luppolo… »

Per i fiamminghi è stato il mitico re Gambrinus, Jan Primus, mentre secondo una leggenda ceca è stato il dio Radigost, dio dell’ospitalità… Buona Birra a tutti, qualunque essa sia…

Origini e storia della birra

Degustazione birra in antico egitto

Parte prima: Medio Oriente e Egitto (di Alessandro Rotondi)

 La Birra è femmina. Questo è evidente e pacifico. Non soltanto perché il vocabolario ci dice che è un sostantivo femminile. La Storia ci racconta che sono state le donne a scoprire l’agricoltura. I cereali, l’orzo in particolare, sono l’ingrediente base della Birra. L’ipotesi più accreditata è che l’antenata della nostra graditissima bevanda sia venuta al mondo per caso, attraverso fermentazione spontanea. Non è stato ancora stabilito, a oggi, dove e quando sia nata la Birra.

La prima fermentazione, avvenuta casualmente magari dalla miscelazione di un cereale con l’acqua, o aria, può essere avvenuta in Mesopotamia, o in Egitto, stando alle tesi più accreditate, o magari a Malta piuttosto che nelle Isole Orcadi. Si può certo affermare che la scoperta sia avvenuta in località diverse, simultaneamente, nel VI millennio a.c. in pieno Neolitico. Facciamoci aiutare dall’archeologia, dalla botanica e dalla geografia antica, in questo nostro viaggio nel tempo, alla scoperta delle origini della Birra.Mappa

Seguendo i ritrovamenti archeologici ci spostiamo in Mesopotamia e facciamo un salto nel passato, a circa 4000 anni avanti cristo. A questa data risalirebbero le tavolette di argilla rinvenute nei pressi del fiume Eufrate dall’archeologo francese Blau, ove sono raffigurati i doni propiziatori offerti alla dea della fertilità Nin-Harra, conservate nel British Museum di Londra. La Birra all’epoca era preparata, stando alle tavolette, con orzo e spelta (una varietà del farro, antenata del frumento, derivato di un incrocio, originato probabilmente 8000 anni or sono) pestati a mano con lunghi pestelli di pietra. Con la farina si creavano pagnotte di varie misure, cotte poi in forni di terra, per poi essere sbriciolati e miscelati con acqua e lasciati a fermentare.

Una cottura più lunga del pane determinava un colore più scuro della bevanda, chiamata “se-bar-bi-sag” che vuol dire colui che vede chiaro, poi “siraku” per i Babilonesi. Si diffuse trasversalmente in tutte le classi sociali e in tutti i popoli mesopotamici, usata anche in medicina e come salario. Risalente al 3100 a.c. è il documento sumero denominato “La Casa di Kubaba”, ove è nominato “Ku-Bau o Azag-Bau”.Produzione birra

Originariamente la custode di una locanda che vendeva vino e “henquet”, Birra. Fu lei a guidare la guerra delle Città Stato della Mesopotamia per l’indipendenza e fondò la città di Kish. Adorata nell’Iraq del Nord. Kubau è l’unica regina che appare tra i regnanti Sumeri, e prima delle donne che la storia ci riporta, legate alla produzione e alla vendita della Birra.

Nel famoso documento conosciuto come “Il codice di Hamurabi”, rinvenuto nel 1902 tra le rovine dell’acropoli di Susa, che fu capitale dell’impero persiano, il più importante codice legislativo mai scoperto, sono tra le altre contenute leggi inerenti alla produzione, la vendita e il consumo della Birra.

Trasferiamoci ora in Egitto, ove sono stati rinvenuti molti reperti a testimonianza della produzione di Birra. Nella tomba di Abusir-el-melek, risalente al 3300 avanti cristo, è stata ritrovata una ciotola che conteneva scorie secche di birra. Secondo il culto del tempo nell’aldilà si aveva la necessità delle comodità avute in vita. Sono state rinvenute nelle tombe statuette raffiguranti uomini e donne che producono pane e birra. Vino e birra venivano, tra altri alimenti, offerti a suffragio dei propri cari defunti.

In una tomba risalente al Vecchio Impero, 2.800 avanti cristo, su dei rilievi conservati nel museo di Ghizeh, sono raffigurati i metodi di produzione della Birra. Si possono osservare uomini che frantumano dei grani e li valutano, un altro che accende il fuoco, una donna che impasta del pane in un recipiente, una seconda che da all’impasto la forma di pagnotte, una terza donna toglie dal forno il pane cotto e lo sbriciola con un coltello di pietra. Altri uomini mettono in acqua il pane spezzettato, setacciano la miscela risultante dalla fermentazione e la raccolgono in una grande vaso di argilla, che immergono nel fango del Nilo.

L’orzo utilizzato dagli egiziani era il tallico, malto d’orzo, atto a favorire l’ossidazione degli zuccheri. E’ la fermentazione, fevere ovvero bollire processo alla base della produzione del vino, della birra e della lievitazione del pane. Arriviamo così a incontrare i Lieviti. Sono funghi formati da una sola cellula. Se ne conoscono più di mille.

In una tavoletta di argilla risalente al terzo millennio avanti cristo un medico sumero descrive l’uso della birra per addolcire l’assunzione della medicina al paziente, attraverso lo scioglimento del farmaco nella bevanda. Altre testimonianze dell’uso della birra in medicina sono state rinvenute nel “Papyrus Ebers”, risalente al 1600 a.c., sotto il regno di Amenhotep I, rinvenuto nel 1873 a Tebe e acquistato l’anno seguente da Georg Ebers, da qui il nome. Mezza cipolla e schiuma di birra era indicato quale rimedio infallibile contro la morte.

La birra nell’antico Egitto era utilizzata come offerta agli dei. Militari, artigiani e funzionari erano pagati in parte con birra. Nel 1300 a.C. la produzione di birra in Egitto ammontava a 57.000 litri l’anno.

Gli Ebrei impararono dagli egizi a produrre birra, sechar, che non era utilizzata nelle offerte votive.

I Greci conobbero la birra egiziana all’incirca nel V secolo avanti cristo. Da qui partiremo la prossima volta per seguire le tracce della bevanda a noi cara in Occidente e in Italia.

Buona Birra a tutte e tutti.

Si fa presto a dire…BIRRA

 

ale

E da oggi parte una nuova rubrica, interamente dedicata alla birra ed affidata al nostro esperto del settore: Alessandro Rotondi.

Con lui conosceremo più da vicino l’origine di questa bevanda, la storia, le modalità di produzione e, poi, vedremo anche le diverse tipologie di birra esistenti

Ovviamente per aiutarlo a svolgere al meglio il proprio lavoro, spesso ci “sacrifichiamo” anche noi nella degustazione della birra, nella scelta e – perché no? – anche nella selezione di quelle, che vogliamo poi inserire all’interno del nostro blog. Quindi cominciamo proprio dalla nascita di questa bevanda…dalla scoperta delle sue origini più remote!

Luppo da birra

1 Origine ed etimologia della parola BIRRA

Delle parole che siamo soliti utilizzare abitualmente, con facilità, spontaneamente, spesso non ne conosciamo l’origine, la storia, quale percorso hanno effettuato nel tempo, nelle epoche storiche, per giungere a noi e entrare a far parte del linguaggio comune.

Questo è il punto da cui voglio partire per parlare di quella bevanda leggermente gasata, di colore chiaro o scuro, nera o rossa, aromatizzata in modi sempre più impensati, che oggi siamo soliti bere fredda o addirittura freddissima, in bottiglie o bicchieri dalle diverse forme … Signore e Signori, sua maestà la BIRRA. I Greci, produttori e consumatori di vino da sempre, definivano con un certo disprezzo, “vino d’orzo” una bevanda, dal basso tenore alcolico, assai diffusa nell’antico Egitto. Per i fieri Greci gli uomini alla birra dovevano preferire il vino. A Roma con il termine “cervisia”, riferito a Cerere, dea delle messi e della fertilità, si indicava la bevanda sulla base dei sui ingredienti, il frumento e l’orzo. Con il passare del tempo, presso molti popoli europei, l’evoluzione dell’espressione latina “cervisia”, ha prodotto i seguenti termini: “cervogia”, nel volgare italiano; “cerveise” in Francia fino al 600, dove oggi  con “cervoise” si indica la birra senza luppolo; ancora oggi nella Penisola Iberica è in uso “cervesa”, “cerveja” in Portogallo.

A partire dal XVI Secolo, si impone “birra” in Italia  e “bière”, termini

Agrodolce
Agrodolce

derivanti dal tedesco “beor o bior” da cui l’attuale “bier” in Germania, e “beer” in Inghilterra e “bier” in Olanda. “Beor” è una antica parola che veniva utilizzata per dire “una bevanda forte”. Secondo alcuni potrebbe trattarsi, è una ipotesi, della derivazione dal latino “biber”, bevanda, per altri “beor” trarrebbe origine dalla derivazione del protogermanico “beuwo” che significa orzo. Non in tutto il continente europeo, ovviamente, la parola con cui si indica birra è di derivazione latina. In Svezia si utilizza “Öl” mentre in Norvegia “Øl”, “Olut” in Finlandia, mentre il Lituania e Lettonia è prevalsa la radice “alu”, da cui “alus” e l’inglese “ale”, oggi utilizzato per indicare birra ad alta fermentazione. Sarà capitato di leggere su etichette, pubblicità, anche sentire, se siete stati nei Balcani e in Russia, e nei Paesi che hanno subito l’influenza sovietica, “ pivo”, che significa bevanda.

Cereali, orzo, bevanda, con o senza luppolo, fermentazione. Tutto ci riporta all’origine e agli ingredienti di base della birra. Di questo, ne parleremo la prossima volta. Per ora, buona birra a tutti, qualunque essa sia.